Negli anni ’80 Paolo Menghi, era un affermato medico, neuropischiatra infantile e psicoterapeuta familiare: insieme ai colleghi Maurizio Andolfi, Carmine Saccu e Annamaria Nicolò aveva fondato l’Istituto di Terapia Familiare di Roma, ITF, e la Società Italiana di Terapia Familiare, SITF, e si dedicava con passione all’approccio sistemico-relazionale nella terapia, nella didattica, nella supervisione. Formava terapeuti.
Il suo «stile», se così si può dire, era sin dagli esordi volto a considerare l’individuo giunto in terapia nella sua dimensione di disagio esistenziale, e questo anche grazie all’influenza di Carl Withaker, da lui considerato un maestro nel campo della terapia familiare e con il quale si era anche formato. Coerentemente con questa visione, la formazione dei terapeuti era volta, usando le sue stesse parole, non tanto al sapere e al saper fare quanto all’essere, cioè al costante lavoro di ampliamento, centratura, ascolto di sé che il terapeuta è chiamato a svolgere nella sua professione. Ma Paolo Menghi era anche uno studioso ed un esperto praticante di discipline orientali, al tempo ancora mal viste da un certo mondo psichiatrico e accademico o viceversa troppo chiuse nelle loro definizioni d’appartenenza ideologica o religiosa.
Studiava con la serietà che gli era propria lo yoga, il kendo, arte della spada giapponese, e la meditazione, e fu uno dei primi a ravvisare i numerosi punti di contatto e le possibili sinergie tra la psicologia occidentale e le discipline di consapevolezza orientali: in particolare gli fu chiaro che alcuni elementi fondanti di questo secondo ambito, come la ricerca di interezza, di libertà, di realizzazione, si ponessero come naturali continuazioni del percorso psicoterapeutico, come strumenti al servizio di chi non si accontenta di aver «aggiustato la macchina», e si interroga sul dove andare, e quindi sul senso e la direzione dell’esistenza. Il suo nuovo approccio alla persona prende forma all’inizio degli anni ’90 in coerenza con questa visione, e nasce come tentativo d’integrazione e di ampliamento, da diversi punti di vista. il passaggio dall’individuo alla famiglia, e dalla famiglia al sistema di persone unite da una comune intento di ricerca, il cosiddetto «gruppo con storia». Così come nella famiglia, cioè all’interno di relazioni significative, abbiamo appreso lo star bene e lo star male, è all’interno di relazioni significative, scelte e costruite intenzionalmente, che potremo apprendere nuove modalità, nuove libertà, nuove intensità di vita. Paolo Menghi ha sempre dedicato pari energia tanto alla costruzione di una rete di rapporti saldi e reali, quanto al far scorrere su quella rete l’insegnamento che era possibile accogliere ed integrare in ogni specifica fase;
- il passaggio dal sapere di alcuni, come i terapeuti in formazione ed i loro pazienti, al sapere di tutti, al mettere a disposizione di chiunque ne sentisse il bisogno gli specifici strumenti per condurre una ricerca rigorosa sulle dinamiche attive nei propri sistemi di appartenenza;
- il passaggio dal considerare l’uomo nella sua dimensione di sintomo e guarigione dal sintomo, al porlo di fronte allo sguardo in maniera completa, inclusa la spinta naturale alla trascendenza, la spiritualità, il bisogno di appartenere ad una dimensione Assoluta;
- il passaggio dal curare qualcuno al costruire insieme qualcosa;
- la necessità di avere strumenti esperienziali e corporei a sostegno del processo evolutivo di ognuno, integrati in un unico metodo.
L’insegnamento di Menghi imprimeva una chiara direzione ad ogni mezzo utilizzato nella scuola, che a volte coincideva con i fini dello strumento stesso e a volte era totalmente rinnovato. Tali strumenti traevano origine sia dalle arti di consapevolezza orientali quali lo yoga, la meditazione, le discipline da combattimento; sia dalla moderna medicina e psicologia, come le pratiche di massaggio curativo, la psicoterapia, lo studio dell’alimentazione i gruppi di ricerca sulle dinamiche relazionali e familiari; sia dal mondo dell’arte, arrivando a realizzare progetti musicali, teatrali e di impiego delle immagini.
Ed è proprio su questa soglia che nasce un modo nuovo di lavorare con le persone, che quindi necessita di un nome nuovo: la Normodinamica. Con questo termine volle evidenziare la normalità della realizzazione umana e della sua coscienza, intesa come potenzialità presente in ogni essere umano in continuo divenire, distinguendola nettamente dalla normalità come dato statistico.
Paolo Menghi aveva il grande dono di saper coniugare il concreto e l’astratto. Nel 1984 fonda l’Istituto Mandala – Scuola di Normodinamica che condurrà fino al 1998, anno della sua morte. Le sedi erano distribuite tra Roma e Soriano nel Cimino dove venivano svolte le attività ordinari e straordinarie principali. La Scuola di Normodinamica[1] aveva, nella mente del suo fondatore, una struttura concentrica, in cui ciascuna delle parti, cioè i singoli individui, oppure i progetti o le scuole che nascevano sulla base del suo insegnamento, è collegata a ciascuna delle altre tramite il rapporto che ognuna di esse ha con il centro. La ricerca di differenziazione e coesione nella condivisione di una stessa direzione, un centro verso il quale far confluire la propria azione ed il suo senso profondo: servire la consapevolezza. In un sistema complesso di tale tipo a ciascuno veniva richiesto di cercare costantemente e dinamicamente una «collocazione armonica», cioè un modo equilibrato di stare ed agire nei momenti luminosi come in quelli bui, rinunciando all’illusione che esistesse un «altrove», sempre fantasticato, in cui le nostre dicotomie avrebbero trovato risoluzione come per miracolo. Ogni cosa poteva essere inclusa nella ricerca, questo era il suo messaggio fondamentale: la realtà è già una, indivisa, ed è solo la nostra mente che continua a frammentarla, nell’illusione di poterla in questo modo controllare.
Pagando il prezzo della rinuncia a questa illusione, si può accedere al mondo del reale: un mondo, diceva Paolo Menghi, in cui è possibile trovare dolcezza, pace e realizzazione.
Il Centro Studi Educativi e Pedagogici Periagogè, nasce in continuità con il suo insegnamento.
[1] La Scuola venne rifondata nel 2002 da quattro dei suoi allievi diretti, già insegnanti nella Scuola dal 1989, tra cui Antonio Ricci e Federica Cervini. Nel 2008 A. Ricci e F. Cervini fondano Periagogè, con l’intento di dare ampio spazio al lavoro psicopedagogico e formativo e di ampliare i riferimenti epistemologici e disciplinari. Periagogè è una Scuola di Normodinamica riconosciuta dalla Società Italiana di Normodinamica. (N.d.r)
* Antonio Ricci, psicopedagogista, formatore di Normodinamica, presidente Periagogè.
* Federica Cervini, Psicologa, psicoterapeuta, laureata in Lettere e formatrice di Normodinamica, Presidente SIND e vicepresidente Periagogè.