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L’espressività per lo sviluppo di competenze sociali

Pubblichiamo un estratto dell’articolo “L’espressività per lo sviluppo di competenze sociali” dove viene presentato il lavoro svolto da Federica Cervini (*) per l’Associazione Periagogè, all’interno del progetto “Piazza 100” , ideato e coordinato dall’ENEA (Ente Nazionale per le Energie Altrnative) e finanziato dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca).

A questo link è possibile scaricare l’intera pubblicazione in pdf. piazza cento

A questo link potrete vedere il video di presentazione di PIAZZA100

La redazione

Il Young Feelings – Bafile Lab

Il piano formativo per lo sviluppo di competenze sociali ha costituito solo una parte del complesso intervento di ENEA sulla città de L’Aquila. L’obiettivo generale degli interventi sul piano sociale e comunitario è la ricerca di modi e strumenti per sviluppare una “smart community”, cioè una comunità in cui siano attivi processi di scambio e supporto reciproco, di riconoscimento e inclusione delle diversità, di cittadinanza attiva e partecipazione al governo della città. Per perseguire questi obiettivi ENEA, dopo aver censito i laboratori sociali già attivi sul territorio, ha favorito la creazione di una rete di contatti tra le diverse realtà, anche attraverso il portale Piazza100, e ha sviluppato un nuovo laboratorio sociale, nato appositamente in seno alla ricerca: il “Laboratorio per lo sviluppo delle com­petenze sociali” presso l’Istituto Superiore “A. Bafile”, in seguito rinominato dai partecipanti Young Feelings-BafileLab.

Nella scuola è stata organizzata una presentazione pubblica alla fine dell’anno scolastico 2013-2014, rivolta alle allora classi terze, nella quale si è mirato a rendere i ragazzi consapevoli di essere portatori di una conoscenza che poteva essere incre­mentata, rappresentata e condivisa con la comunità, con lo scopo a lungo termine di partecipare a modificare la comunità stessa in un processo di cittadinanza attiva che non riguardasse solo l’esercizio dei diritti e dei doveri civili, ma anche la costruzione di un “futuro che vorrei”. […] È stata infine raccolta l’adesione di venticinque volontari, che hanno creato un gruppo interclasse vivace, interessato e partecipativo: molti di essi, alla richiesta su cosa li avesse spinti a decidere di far parte del progetto, hanno ricordato quel primo incontro, e l’intuizione di poter essere parte attiva di un processo di cambiamento sociale.

[…] I ragazzi del BafileLab hanno lavorato in un contesto complesso, interagendo con diversi interlocutori e usando varie impostazioni metodologiche, ma sempre con un approccio esperienziale, interattivo, partecipato, improntato ad una co-costruzione della conoscenza. Le tre diverse attività proposte, differenziate ma concettualmente collegate, possono essere collocate nel campo della LSE, Life Skills Education. Usiamo qui il termine skills nella sua accezione ampia di capacità, più che di competenze in senso stretto: in particolare, ci riferiamo alla capacità di avere un atteggiamento e un comportamento positivo e adattivo nei confronti della vita e delle sfide che essa pone. La LSE può essere utilizzata con gli adolescenti per diversi specifici scopi, ma l’obiettivo generale è di favorire l’empowerment dei ragazzi stimolando l’autonomia, l’autostima, la risoluzione pacifica dei conflitti, il comportamento costruttivo e adattivo. Nel laboratorio si è puntato in particolare sul costruire e rinforzare la connessione tra conoscenze, valori e competenze.

Attraverso i vari argomenti trattati, due piani di intervento sono sempre stati tenuti presenti: lo sviluppo delle competenze del sé (cioè coscienza di sé e delle proprie emozioni, capacità di riconoscere e gestire la vita affettiva, autostima, capacità di darsi valore, capacità di identificare ed affrontare i problemi; capacità di porsi di fronte alle difficoltà attingendo alle proprie risorse, e di sostenere lo stress; capacità di prendere decisioni, esercizio del pensiero critico e del pensiero creativo) e lo sviluppo delle competenze relazionali (empatia, capacità di ascolto, capacità di comunicare, capacità di accogliere e valorizzare le differenze, assertività).

Nella formazione si è data la massima importanza ad un’azione coerente con quanto si andava esplorando dal punto di vista teorico: si è trattato infatti di un contesto relazionale vivo, nel quale i ragazzi mostravano per così dire dal vivo, nelle interazioni reciproche, il loro reale livello di competenza sociale. Con lo stesso crite­rio, l’azione dei formatori adulti è stata improntata all’esercizio attivo delle modalità relazionali su cui si stava via via lavorando: si è tentato cioè di ottenere ascolto, ri­spetto reciproco, interesse, evitando l’utilizzo di metodi disciplinari, bensì a partire da un aumento della sensibilità dei ragazzi rispetto alle caratteristiche e alle esigenze del contesto interattivo, fino a farli scoprire responsabili, momento per momento, della qualità della relazione reciproca. È proprio questo sentimento di responsabilità, e la scoperta di come possa essere piacevole provarlo quando esso sorge in maniera autentica dall’interno, a costituire la radice sana del relazionarsi con gli altri, ed in ultima analisi è anche un fattore preventivo primario, aspecifico, che si pone a monte di tutti i potenziali comportamenti a rischio di cui spesso si parla a proposito degli adolescenti.

Chi ero, chi sono, chi sarò: identità e relazione nei tempi della vita.

La vita di ciascuno di noi è inserita nel flusso del tempo. In ciascuna fase si vive, si sperimenta, si esperisce il mondo in maniera diversa dalla precedente e dalla successiva: lo specifico sguardo sulle cose di un bambino di tre anni non è lo stesso dell’adolescente, dell’uomo adulto o dell’anziano. Le comunità di cui facciamo parte sono sempre costituite da persone di tante diverse età, e dunque è fondamentale chiedersi quanto sappiamo veramente sinto­nizzarci con punti di osservazione così radicalmente diversi dai nostri. Tra le diverse età possono facilmente generarsi momenti di ostilità ed inimicizia, che prendono le forme dell’indifferenza, del disprezzo, della minaccia, del sentirsi privi di radici o incapaci di riconoscersi nel mondo che si trasforma; oppure possono essere coltivati curiosità, interesse, capacità di sostegno reciproco, costruzione sinergica di poten­zialità. Il reciproco sintonizzarsi è reso difficile da alcuni fattori, soprattutto il fatto che la specifica conoscenza del mondo, accessibile in una certa fase della vita, non lo rimane per sempre: si dimenticano almeno in parte i desideri, i timori, le speranze, le criticità dei tempi passati.

I ragazzi del BafileLab, ad esempio, tendevano ad espri­mere giudizi severi, perentori, definitivi nei confronti della preadolescenza, a cui si riferivano chiamandola “l’età oscura”. Inoltre è emersa anche la difficoltà a proiettarsi in avanti e prefigurarsi empaticamente fasi di vita non ancora attraversate, proprio mentre stanno cercando di differenziarsi dai loro adulti di riferimento. Perciò nel corso dell’anno i ragazzi sono stati guidati ad esplorare in modo fenomenologico le caratteristiche dell’infanzia e della preadolescenza, per poi dedicare la maggior parte del tempo all’osservazione del loro tempo presente: ed infine alle fasi future (giovane adulto, adulto, anziano).

Il focus dell’azione educativa si è concentrato sulla consapevolezza emotiva (discriminare, riconoscere e narrare emozioni, pensieri, esperienze), sulle competen­ze relazionali (comunicare i bisogni, ascoltare e riconoscere empaticamente l’esperienza dell’altro, negoziare i conflitti, accettare la diversità), sul pensiero complesso (acquisizione di nuove categorie di lettura dell’esperienza, uso della mente in modalità non giudicante, ricerca di soluzioni convergenti e divergenti). Accanto al lavoro verbale sono state usate varie modalità creativo-espressive: dalla scrittura al modellaggio dell’argilla, dal disegno alla comunicazione non verbale: in diverse occasioni ad alcuni ragazzi è capitato di “sorprendere se stessi” in un atto creativo, che non ricor­reva a soluzioni precostituite ed esprimeva in modo autentico vissuti ed esperienze. Quando si verificano questi atti creativi, si ha accesso ad un vissuto di autenticità, che a sua volta genera un sentimento di apertura e fiducia nei confronti del futuro e delle proprie capacità di farvi fronte. […]

 Conclusioni

Oggi in Italia non sono molti i progetti di educazione del pensiero, della rela­zione e della vita affettiva attivati in ambito laico ed istituzionale: spesso si tratta di progetti scelti nell’ambito dell’autonomia scolastica da alcuni istituti di educazione superiore nell’ambito delle attività extrascolastiche. Eppure è evidente che delegare alle sole famiglie l’onere di questo tipo di educazione sia una politica perdente: in particolare quando si parla di adolescenti, è necessaria e opportuna una diversificazione degli interlocutori, che essi devono percepire come sufficientemente “disinteressati” per potersi aprire ad una reale condivisione dei vissuti. A nostro parere è molto im­portante che a livello istituzionale ci si impegni a generare tali contesti in un’ottica educativa e non terapeutica: altrimenti, per usare le parole di Paolo Menghi, neuropsichiatra infantile, ideatore del metodo normodinamico, “È come se per avere il diritto di conoscere il funzionamento e la direzione di marcia di una macchina, dovessimo aspettare che si rompa”.

La scelta fatta da ENEA all’interno del progetto Piazza100 di investire risorse di ricerca nella stimolazione delle competenze sociali dei giovani, riempie a nostro avviso un vuoto importante e indica con chiarezza una direzione, ben oltre gli specifici strumenti usati in questa occasione. Il BafileLab ha cercato di essere un contesto relazionale di qualità, nel quale adulti diversi per formazione e provenienza (architetti, ingegneri, psicologi, educatori, artisti) hanno “stressato i propri rispettivi linguaggi”, per usare le parole di uno dei formatori, per creare qualcosa di nuovo, un’inedita integrazione di prospettive, appoggiate su una base di sensibilità e attenzione all’altro. Ci auguriamo che i ragazzi possano scoprire nel tempo la traccia del piacere di porsi domande e convivere con queste, lasciando il tempo alle risposte di maturare, e dell’integrare conoscenze teoriche e pratiche in un’azione libera, creativa, coerente e responsabile.

(*) Federica Cervini, vicepresidente Periagogè, insegnante di Normodinamica, laureata in Lettere e in Psicologia della Salute.